martedì 11 giugno 2013

Alberto Burri: “Il mio ultimo quadro è uguale al primo”.

Da una persona che come me odia la muffa, in ogni sua forma, tutto ci si aspetterebbe tranne che fosse incredibilmente appassionata di quell’artista che nel secondo dopoguerra ha contribuito a fare della muffa un’opera d’arte. Ovviamente non sto parlando di vera e propria muffa, sto parlando di composizioni pittoriche realizzate da Alberto Burri.
Alberto Burri nasce nel 1915 a Città di Castello, ufficiale medico nella seconda guerra mondiale, viene fatto prigioniero dagli Inglesi e deportato in Texas dove inizia la sua attività artistica. Tornato in Italia, abbandona definitivamente la medicina per dedicarsi esclusivamente alla pittura.

Sacco 5P, (1953) Fondazione Palazzo Albizzini
La mia passione per quest’artista nasce all’università dove in una lezione sul concetto di materia mi vennero proiettate alcune delle sue opere . Perché è proprio di questo che tratta Burri: la materia e le sue qualità espressive.
Quelle immagini mi erano del tutto nuove, e benché passassero distratte tra i banchi, la mia attenzione cresceva in modo esponenziale. Percepivo la sua ricerca della realtà, la sua esaltazione della materia.

Inquadrare la visone artistica di Burri non è cosi semplice: informale, neoplastico, barbarico, sperimentale, concettuale, sono tutte associazioni, antitetiche tra l’altro, attribuite all’artista umbro.
Sta di fatto che è nella corrente Informale che trova più rappresentanza, dove i termini macchia, segno, gesto, materia ne descrivono i tratti culturali.
La carriera artistica di Burri comincia in un ambito astratto, sono gli anni della «muffe», dei «catrami» e dei «gobbi». Permane ancora un carattere pittorico; colori ad olio, smalti sintetici, catrame e pietra pomice sono i mezzi utilizzati per raccontare la storia della materia, delle sue lacerazioni.
Alla fine degli anni ‘50 I sacchi vengono sostituiti dalle stoffe e i rifiuti su sfondo rosso, con tutta la loro carica pittorica, diventano i protagonisti del processo artistico.
La ricerca dell’ ‘artista deve essere vista come un processo di rivincita della materia spogliata di significati simbolici la cui sublimazione porta alla rivelazione della sua segreta bellezza.
Rosso Plastica (1964), Città di Castello, Fondazione Palazzo Albizzini

Ancora non bene compreso dalla critica, Burri spinge la sua ricerca oltre al limite del linguaggio.
Gli anni 60 sono segnati dalle «combustioni» e dai «legni». Il fuoco diventa tutt’uno con il processo creativo, demarca i colori e le ombre, sottolineando la potenza energetica del materiale.

Con straordinaria innovazione Burri continua a cambiare il repertorio dei materiali passando a quelli industriali: è la fase delle «plastiche».
Lo strumento usato è sempre il fuoco, un fuoco purificatore che risana il caos e riporta il Logos.
La materia diventa spessa, le piegature sottolineano il movimento cromatico, il quadro è in aggetto, non c’è più bidimensionalità ma occupa lo spazio.


Grande Cretto Nero (1977), Parigi, Musée National d'Art Moderne

Volevo mostrare l’energia di una superficie” spiegava Burri per raccontare l’origine dei «cretti» negli anni settanta.
Realizzati con una mistura di caolino, vinavil e pigmenti propongono un tema geologico, la terra come elemento primordiale che viene essiccata e devitalizzata .
Il linguaggio di Burri negli ultimi anni si fa sempre più nudo ed economico. Ne è conferma la fase dei «cellotex», la materia e la pittura si uniscono in vasti ritagli di colore puro.
L’arte di Burri appare sincera, non presuntuosa, come se abbassasse la testa per raccontare una storia povera, quella del materiale prima di essere immobilizzato sulla tela, la sua nascita e il suo uso.
Per chi volesse scoprire questa storia consiglio di visitare i due musei della Fondazione di Palazzo Albizzini dedicati all’artista a Città di Castello.
In conclusione, l’opera di Burri ha radicalmente cambiato e influenzato il mondo dell’arte contemporanea mettendo in discussione le sue stesse radici: l’arte che descrive la realtà è stata sostituita da un' arte che attraverso la vita descrive la vita stessa.


                                                   


Scritto da Maddalena